IL TROVA LOCALE

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La nascita del rione di San Lorenzo risale al periodo tra il 1884 ed il 1888,  all'epoca della grande febbre edilizia che afferra Roma subito dopo la sua proclamazione a capitale d’Italia; epoca in cui nessun criterio sociale ed igienico guidava le nuove costruzioni; si costruiva il più possibile al fine di ottenere sovvenzioni da Banche ed Istituti.

Non ci fu mai l’intenzione di costruire un quartiere popolare; fu l’inevitabile crisi edilizia scoppiata negli anni tra il 1888 ed il 1890 a far sì che le tante costruzioni iniziate fossero malamente ultimate o addirittura abbandonate nello stato in cui erano.

Fu così che quei fabbricati, costruiti antigienicamente e come già detto malamente ultimati, furono impiegati come alloggi per la classe più povera della capitale.

 

 

 

Il nome del quartiere deriva da Porta San Lorenzo, l’attuale Porta Tiburtina, nei pressi della quale sorsero le prime case, al di fuori del piano regolatore.

E’ solo nel 1909 che interviene un nuovo piano regolatore per cercare di porre ordine nel caos cittadino ma la costruzione del quartiere San Lorenzo è già avviata, il piano Sanjust non fa altro che prevederne il completamento.

La struttura urbana già da allora si presenta nell’attuale forma di quadrilatero allungato che vede come limiti le mura labicane, lo scalo merci, il cimitero del Verano e la Via Tiburtina; la configurazione del quartiere e la sua posizione al di fuori delle mura cittadine contribuiscono  a isolarlo dal tessuto urbano, facendone un vero e proprio paese all’interno della città.

All’isolamento urbanistico si accompagna quello sociale: la spiccata caratterizzazione sociale dei suoi abitanti è indotta in primo luogo dalla conformazione economica e professionale del quartiere; il fatto che qui si trovino lo scalo merci ferroviario, i serbatoi idrici dei principali acquedotti, il deposito della nettezza urbana, il deposito dei tram e le officine per la costruzione dei mezzi tranviari, la stazione ferroviaria centrale, il cimitero del verano ed i cantieri aperti tutt’intorno della città in espansione, fa sì che trovino alloggio nel quartiere soprattutto manovali, muratori, ferroviari, tranvieri, netturbini ed artigiani, e tra questi soprattutto quelli legati alle attività cimiteriali.

Sempre nei primissimi anni del secolo sorgono due fabbriche di modeste dimensioni, la paszko-wsky (poi divenuta birra Wurer) nel 1902 ed il mulino e pastificio Cerere nel 1905 che occupano una numerosa schiera di operai.

E’ così che il quartiere si avvia a divenire un compatto nucleo operaio che riassume in sé tutte le possibili occupazioni della Roma proletaria.

Accanto a questo nucleo operaio, specie nei primi anni di forte immigrazione, si forma una componente di sbandati, occupati o sottoccupati che sopravvivono ricorrendo ad espedienti e metodi al di fuori della legalità.

Quanto alla provenienza della variegata popolazione del quartiere si riscontra una forte immigrazione dall’Abruzzo (15%), dalle Marche (12%), dall’Umbria e dalla Romagna (9%), dalla Campania (7%), e dalla Toscana (4%); in pratica è rappresentata tutta l’Italia centrale.

Vi presentiamo alcune descrizioni del quartiere da parte dei contemporanei:

 

- Ing. Talamo

“Per chi non lo sappia è questo il quartiere più povero, più malfamato della capitale: sorto tra l’84 e l’88 all’epoca della febbre edilizia, esso riassume in sé prima tutti gli errori che la incoscienza di quell’infausto periodo seppe creare, poi tutte le disastrose conseguenze economiche, igieniche e morali che a quello dovevano inevitabilmente seguire. (…) In quelle case malamente costruite, la crescente, tormentosa carestia degli alloggi   spingeva   sempre  di   più   l’ingorda   speculazione    del

 

subaffitto ad aumentare spaventosamente l’agglomerato, la promiscuità, e con essi il sudiciume, l’immoralità e molte volte il delitto.”

 

- M. Montessori

“Quando sono venuta la prima volta per le vie di questo quartiere dove la gente per bene passa solo dopo morta, ho avuto l’impressione di trovarmi in una città dove fosse avvenuto un gran disastro

 

- D. Orano

“Lo stesso popolo vive e si agita negli orridi caseggiati di San Lorenzo”

La Condizione di vita a San Lorenzo era in questi anni sicuramente degradante; accanto al grosso nucleo operaio e proletario viveva una schiera di persone costrette dal degrado a vivere nell’illegalità; in ogni caso si sopravviveva tra grandi malesseri e difficoltà di ogni natura tra carenze economiche, igieniche e nell’analfabetismo.

E’ in questo contesto sociale che trova fertile terreno di diffusione il pensiero anarchico, come reazione diretta alle generalizzate condizioni di degrado.

Si tratta di un anarchismo che se in un primo momento si dà una vera e propria struttura, si organizza in circoli rionali, crea leghe di resistenza, stampa giornali, poi, dinanzi al progressivo prender piede del partito socialista, perde terreno come organizzazione vera e propria ma resta indiscutibilmente come substrato culturale, come riferimento ideale, come ribellione istintiva e pratica di vita.

E ancora oggi non è difficile trovare qua e là, tanto nei sanlorenzini d.o.c., quanto nei frequentatori del quartiere una sottile matrice di anarchismo. 

 

Per un approfondimento sui temi storici presentati in questa sezione, consigliamo la lettura dei seguenti testi, che sono stati indispensabile fonte di informazione e di ispirazione per la realizzazione di quest'area del portale, tutta dedicata alla storia del nostro quartiere:

 

Pazzaglini - Il quartiere San Lorenzo a Roma - Storia e recupero - Gestil Editrice - Roma 1994

De Simone - Venti Angeli Sopra Roma - Mursia - Roma 1993

Piccioni - San Lorenzo - Un quartiere romano durante il fascismo - Edizioni di Storia e Letteratura - Roma 1984

 


 

 

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